UMORISMO BAROCCO
a cura di Stefano Gorla
Oskar e Barzi, un duo "senza nome"
(da Fumo di China n° 90, maggio 2001)
Un duo solido, Davide Barzi e Oskar sono gli artefici di No Name, goffo ed esuberante personaggio dal pedigree comico-grottesco. Li incontriamo a Milano.
Interno giorno. Scuola del Fumetto. Un pomeriggio d'aprile, tra sgabelli e tavoli da disegno. Oskar, l'uomo senza cognome, ha il suo book sotto il braccio, lo sfogliamo. Barzi, che di nome fa Davide, giocherella con un CD dei Gufi (seminale gruppo milanese degli anni Sessanta). Iniziamo a parlare, rispondono all'unisono o in perfetto sincrono: quando uno tace l'altro parla.
Siamo nel luogo del vostro primo incontro?
Sì, ci siamo conosciuti alla Scuola del Fumetto. Da quell'esperienza è nato anche un volumetto che conteneva un fumetto umoristico, I Vagamondi, una serie creata per un'ipotetica rivista contenitore per bambini. Un progetto simpatico e interessante che coinvolgeva alcune scuole elementari del milanese.
Umorismo nel sangue?
Oskar: Ho sempre disegnato guardando al comico e al grottesco. Ho amato Magnus e il suo Alan Ford, e la sua Compagnia della forca. Ho amato a dismisura Bonvi. Sono cresciuto con quelli. Penso di non aver mai fatto un disegnato realistico in vita mia, liceo a parte, naturalmente. Tendo a fare la testa grande, le facce molto espressive
Barzi: Stessi amori. Su queste cose ci siamo subito ritrovati, per il resto non andiamo d'accordo su niente, tranne forse la sangria.
Preferite ridere, sorridere o sghignazzare?
Barzi a Oskar: Questa è difficile, dilla tu.
Oskar: Nella vita in generale, sorridere.
E nel fumetto?
Sghignazzare, certamente. Ma non solo. Per esempio in un episodio di No Name abbiamo inserita una piccola fiaba giocando sulle funzioni di Propp.
Mi sembra che siate affascinati dalla contaminazione dei linguaggi.
Barzi: Per fare un paragone musicale, io adoro Elio e le Storie Tese: prendere cultura bassa, cultura alta e cucinare il tutto. Lo trovo molto stimolante. Anche se lo scopri dopo. Senti Elio, senti le loro canzoni, c'è la volgarità, il peto e dici: sono dei cretini! Poi ascoltim con attenzione e trovi anche raffinatissime citazioni musicali; ti trovi davanti a musicisti bravissimi e consapevoli. Noi volevamo far la stessa con il fumetto.
E ci siete riusciti?
Mah! Abbiamo ricevuto molti apprezzamenti, ma anche critiche. Una critica ricorrente è quella che nelle vignette ci sono troppe cose, citazioni e un mare di particolari. Ti devi fermare ad ogni vignetta. Ma noi lavoriamo per aggiunta e Jacovitti è stato tra i nostri maestri.
Citazioni ma anche giochi verbali e grafici.
Appunto, citazioni letterarie ma non solo. Ci divertiamo a inserire dettagli disegnati nella vignetta, giocando su diversi piani. Mentre qualcosa succede in primo piano, dietro c'è una sorta di seconda storia che prosegue per più vignette. Per esempio nel numero zero di No Name, mentre al cimitero c'è la scena della risurrezione di No Name, alle sue spalle c'è un tipo che ruba le salme e a un certo punto inizia a ballare con Michael Jackson, che arriva dritto dritto dal video di Thriller.
Preferite usare diversi piani di lettura che non quello lineare della vicenda?
Certamente. Così come amiamo molto uscire dal seminato. Non stare solo sul fumetto ma spaziare: fumetto, favola, sonetto. Nel terzo episodio di No Name abbiamo inserito un sonetto, come nel primo episodio una favola. Ci piace mescolare linguaggi, senza compartimenti stagni.
Il vostro modus operandi?
Partiamo da un soggetto in genere legato a una situazione paradossale e poi ci lavoriamo insieme a quattro mani, discutendo, provando, divertendoci parecchio. Cerchiamo di essere molto sinceri l'uno con l'altro, schietti, alla ricerca della soluzione migliore, nel testo e nel disegno. Con questo sistema abbiamo creato No Name. Il numero zero era una storia a sé, otto tavole di base che sono diventate ventiquattro. Esiste anche un numero uno mai pubblicato, giocato sulla casualità più totale. 32 pagine dove al messo più roba possibile, senza chiudere il finale. Avevamo pensato a un progetto sviluppato in sei numeri, e continuity americana. Abbiamo iniziato facendo le prime trentadue pagine e poi... quelli di Comics & Dintorni – il nostro primo editore - ci hanno fatto aprire gli occhi dicendo e un fumetto confuso; facendoci riflettere che con un'uscita semestrale o annuale c'era la certezza di perdere contatto con il pubblico. Per cui quel numero è rimasto nel cassetto. E siamo ripartiti pensando a episodi autoconclusivi, seguendo una metodica classica.
Come è nata l'idea di No Name?
Barzi: Era un personaggio assolutamente secondario. Nel numero zero infatti muore, quasi subito, doveva essere una sorta di comparsa.
Oskar: Nella sceneggiatura c'era scritto: "supereroe giapponese di poca importanza: tanto muore subito!". E io l'ho fatto un po' sfigato: obeso, senza nessun potere, costumino troppo corto, pantaloni alla Obelix. È un eroe stupido con slanci cinici solo quando è spinto dal bisogno. È uscito di prepotenza.
Altri personaggi?
Ne abbiamo un cassetto pieno. Abbiamo avuto un periodo di iperproduzione. Facendo fallire molta editoria minore italiana (ridono!). Noi proponevamo un fumetto e le testate morivano, anche se per cause non riconducibili a noi. Resta il fatto.
Portate sfìga?
Non dirlo, se no la gente ci crede. Certo è che dopo l'avventura di Prato al premio Pierlambicchi, l'abbiamo proposto No Name al gruppo de L'Isola che non c'è (edizioni Comica), a cui piaceva, ma avendo la rivista un'impostazione più da striscia, ci hanno detto: o lo ridisegnate o ci portate altro. Abbiamo portato altro. Una striscia dal titolo Rynghio & Raskio, due alieni che vogliono conquistare il mondo da soli. Uno più scaltro e l'altro un po' fesso, classica coppia; il valore aggiunto sta nel fatto che sono alieni. La cosa è piaciuta ed eravamo pronti per la pubblicazione: addirittura, su Mega (rivista di anteprime), apparve una striscia accompagnata dalla scritta "la nuova serie sarà presente sul numero 12 della rivista". Sotto, aggiunto di fretta e furia, un teschietto e la scritta: "la testata chiude con il numero 11". Un'altra storiella frustrante è legata alle vicende della redazione milanese di Cuore, seconda maniera. A loro proponiamo BB, storia di una bambina bastarda, una striscia dove la realtà è vista con gli occhi e con la cattiveria tipica dei bambini. Nel frattempo si è consumato uno scontro tra la redazione milanese e quella romana. Ha vinto la romana.
Un'anticipazione, senza far chiudere un'altra testata?
Pare che si venda bene il fumetto erotico e allora abbiamo fatto una storia erotica, breve, 8 tavole. Oskar è abbastanza bravo nel disegno dei corpi femminili e questo non guasta certo.
Erotico-umoristico?
Certamente, non riusciamo a far a meno dell'umorismo. Infatti il personaggio principale di questa breve storia è una divinità millenaria a forma fallica. Divinità che dona fortuna alla donna che lo porta con sé, ma questo a patto che non lo faccia mai "crollare", perché nel momento in cui non arriva più ossigeno al cervello (??!) la divinità muore e non porta più fortuna.
Rapporto con il pubblico?
Molto positivo. Ci siamo accorti che c'è un buon feeling; non abbiamo migliaia di lettori ma difficilmente chi compra un numero poi ci abbandona. Addirittura i nostri lettori comprano più copie di un episodio, un po' perché abbiamo iniziato il gioco della copertina diversa nel primo episodio, un po' perché alle fiere a chi acquista un numero diamo sempre un disegno originale. C'è chi ha più copie dello stesso episodio.
Beh, ne avete fatti due...
C'è anche lo zero. Comunque la gente ritorna, parla. Ci mandano mail, qualcuno addirittura ha scritto per posta e i commenti sono quasi tutti positivi. Le critiche sono però abbastanza radicali: è illeggibile.
No Name ha partecipato alle elezioni del fumetto italiano del 13 gennaio 2001?
E ha preso voti, non pochi tutto sommato. Anche perché a Lucca abbiamo fatto una campagna spietata. Il volantino aveva testi incisivi: "mettici una croce sopra"; "nel segno della continuità: vota un cadavere"; "un impegno concreto: scendo in un campo...santo" e noi lo spacciavamo nei pressi dei seggi. E allo stand regalavamo sangria a chi ci prometteva di andare a votare per No Name. Vero clientelismo.
Impegnati a tempo pieno nella promozione.
Mostre, presentazioni, partecipazione alle fiere del fumetto, presenza nelle fumetterie, No Name News via posta elettronica. Addirittura abbiamo presentato No Name al cinema di Rozzano, ridente paese dell'hinterland milanese. Una serata interessante dove si è messo insieme degustazione, fumetto e cinema. Generi e linguaggi. Abbiamo presentato il fumetto e un film (Denti di Salvatores) in un clima vagamente surreale. Certo, oltre all'impegno c'è chi crede in noi, come Gianni Bono dell'Epierre che ci pubblica, e Bono non scherza sulla qualità. Poi c'è una grande donna alle nostre spalle, Graziella Calatroni, redattrice e factotum dell'Epierre. Fra le prime fan di No Name che ci ha aiutato, e aiuta, in mille modi: controlla bozze, lettering, disegni, manda in giro le coi prepara le cartelle stampa. Se non ci fosse bisognerebbe inventarla.
In No Name è più importante la battuta o l'atmosfera?
L'atmosfera. Tutto nasce da una situazione particolare e in quel contesto nasce il gioco delle battute. Da battuta diretta al particolare del disegno che fa ridere (ci prova almen0) L'idea è quella di mettere i personaggi in situazioni assurde: nel numero tre, per esempio, ci sono gli Elfi, le fate, un mondo incantato inserito in contesto gangster. Gli Elfi sono gangster e le fate sono prostitute. Per darci un tono chiamiamo No Name un fumetto di generi, cosa e spiazza un po' i lettori. Non ci siamo inseriti in un filone: il primo nume era guardava all'horror, poi il western, la gangster story e infine la fantascienza. Lega tutto il personaggio, senza peso nonostante il peso. Un personaggio stupidamente intelligente e intelligentemente stupido.
Sulla frase storica scende il silenzio. I tre si guardano negli occhi. E ridono.
Nessun commento:
Posta un commento